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Oggi sui social mi sono imbattuto in un breve cartone animato la cui storia è quella di una pizzeria da asporto che gestisce la telefonata di un cliente: niente di particolare se non che si tratta della fantomatica “Pizzeria Google”. Il video è stato condiviso dall’amico Carlo Crocicchia (un bravissimo hotel manager che avevo intervistato un po’ di tempo fa) col commento “possiamo riderne, ma la direzione che abbiamo preso è questa”. Eccolo qui:

Dopo aver commentato con lui sul suo profilo Facebook questo video, mi sono reso conto che poteva essere un ottimo spunto per un articolo sul mio blog. Perché? Come da lui suggerito, questo video può farci sorridere, ma a mio parere anche molto riflettere sul presente e sul futuro della rete, soprattutto di quando si parla di privacy e di dati personali in gioco.

E leggendo altri commenti a questo video, mi sono anche reso conto che la storia di questa pizzeria (che, ricordiamolo, non esiste, ma è rappresentativa di un sistema che è in atto) può innescare anche molto timore, dando la percezione che siamo tutti, costantemente e continuamente, spiati e controllati.

Ed in effetti questa non è solo una percezione, ma una realtà di fatto: Google (e non solo) ci spia!

La mia osservazione iniziale è stata quella per cui non bisogna avere alcun timore dinnanzi al fatto di essere in qualche modo “controllati”, in quanto intanto, più banalmente, se siamo persone oneste e trasparenti non abbiamo nulla da temere. Inoltre perché non siamo controllati da persone in carne ed ossa che ci spiano “personalmente”, bensì in quanto siamo controllati da computer, cioè da macchine e sistemi automatici che ci vedono semplicemente come dei numeri.

Superata quindi la paura del controllo individuale (a meno che non siamo dei criminali che non vogliono essere intercettati), bisogna ora quindi chiederci il motivo per cui siamo “controllati in massa”. Anche qui la risposta è molto semplice: Google, Facebook, Apple, Amazon e Microsoft (che raccolgono l’80% dei dati del web), ed altri siti in cui trascorriamo diverse ore al giorno specialmente sui nostri smartphone, ci “spiano” fondamentalmente per massimizzare i risultati delle campagne online, cioè per vendere meglio e di più.

Facciamo parte di un piano marketing! Ed il bello, che molti ignorano, è che noi stessi lo abbiamo autorizzato!

Tipicamente, infatti, quando ci registriamo ed usiamo un servizio gratuito come un social network, in cambio per contratto concediamo i nostri dati alle big company della comunicazione, le quali li usano per scopi di marketing. Per “scopi di marketing” dobbiamo però capire, da consumatori, che non si tratta di essere “spennati”.

Piuttosto, visto che è il consumatore ad avere l’ultima parola nella scelta dei prodotti e servizi che gli vengono proposti, in cambio dell’utilizzo di un fantastico servizio che ci mette in comunicazione con il mondo, otteniamo un grosso favore, cioè quello di avvicinarci con maggiore facilità e rapidità a ciò che ci piace di più.

E tutto ciò proprio grazie proprio al fatto che ci hanno così profondamente “schedati” nelle nostre caratteristiche, nei nostri gusti, nelle nostre passioni e nei nostri interessi.

Un classico esempio? Se su Facebook hai messo un like, spontaneo, ad una pagina che tratta articoli sportivi, Facebook ti “rincorrerà” per un po’ con prodotti in linea con quelli che hai visto perché “sa” che ti piacciono. E quindi per te questo meccanismo (il re-marketing dei prodotti che hai visto) sarà un aiuto alla tua scelta e non un fastidio.

Quindi il punto è che non siamo controllati “con malizia” (questo perché i computer malizia non ne hanno essendo stupidi), ma col fine di aiutarci nelle scelte di natura commerciale e non. Ecco spiegato quindi perché, a mio parere, non dobbiamo affatto temere questo Grande Fratello, anzi dovremmo abbracciarlo, avendo però la consapevolezza di come funziona (ed è per questo che ci ho scritto su questo post).

Poi però il mio amico Carlo mi ha detto: “si, però i computer chi li controlla? Le stesse persone, no?”

Qui ho capito che l’argomento, seppure affrontato (credo!) con logica dal sottoscritto, non è però così facilmente semplificabile, ma è più complesso. Così ne ho derivato una domanda retorica che credo dovremmo porci prima di autorizzare le big company ad usare i nostri dati:

Dove finisce la stupidità delle macchine ed inizia la malizia dell’uomo?

Cioè, cosa accadrebbe se le dot-com che ci inseriscono in questo gigantesco “funnel” (se non sai cos’è un funnel leggi qui) in cui siamo vittime, ma anche un po’ carnefici (oggi ci è facile decretare, con un click, il successo o il fallimento di un prodotto o servizio!), usano in modo improprio i nostri dati oppure li cedono ad organizzazioni, enti pubblici, partiti, governi o “entità” che hanno scopi diversi da quelli della semplice “vendita”?

È una domanda a cui oggi non si può rispondere se non sperando che questi grandi monopolisti della comunicazione e del commercio, ovvero società con a disposizione enormi quantità di dati (i cosiddetti “Big Data“), non li rivendano o cedano per nessun motivo a terzi, anche sotto minaccia. E che, soprattutto, investano tanto in sicurezza, perché nessun agente esterno alle loro organizzazioni possa indebitamente impossessarsene.

È un timore lecito, ma forse vano: come si fa cenno in questo interessante articolo sul Sole 24 ore, per l’autore del libro L’homme Nu, La dictature invisible du numérique esiste un accordo segreto tra le principali major ed i governi, in particolare quello USA, avvenuto in seguito agli attacchi dell’11 settembre 2001. Da ciò è evidente che il timore di tutti non può quindi di certo essere quello di ricevere offerte commerciali non gradite, ma di ben altro!

Che questa enorme mole di informazioni che riguarda tutti noi venga usata per condizionarci anche politicamente?

È una questione di democrazia, perché il rischio vero non è quello di subire un monopolio commerciale, ma politico.

Tuttavia, ciò che rassicura a mio parere è che queste aziende, seppur costrette a cedere parte dei Big Data ai servizi di intelligence americani, oggi sono diventate davvero potentissime e ricchissime, pertanto ancora più influenti che in passato persino nei confronti dei Governi. La speranza è che, quindi, a costo di venderci di tutto e di più, non siano più ricattabili. E che puntino ai fatturati e ad un’equa distribuzione della ricchezza nel pianeta, più che ad un’egemonia politica.

Per concludere, ciò che è certo è che tutti i vantaggi che le tecnologie ed il web ci offrono ogni giorno hanno un prezzo da pagare in termini di privacy e sicurezza. Ed è anche certo che non ci sono vie di mezzo. Sta a noi decidere, quando decidiamo di usare una sim o di registrarci in un nuovo sito: o dentro o fuori.


Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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