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Come saprai con la locuzione “B2B” si intende “business to business”, ovvero l’ambito commerciale che riguarda il rapporto tra imprese.

In quanto consulente (di web marketing) la mia attività è un B2B: di fatto sono un’azienda che rivolge i propri servizi ad altre aziende.

Se invece fossi stato ad esempio un ristoratore o un negoziante di abbigliamento, sarei stato un “B2C” (“business to consumer”) e quindi mi sarei rivolto al consumatore finale.

Il tuo Personal Brand è B2C o B2B?

Sia che tu sia un B2B o un B2C, fare personal branding, come ho più volte ricordato in questo blog, rimane importantissimo.

Perché?

Per un motivo semplicissimo: le imprese stesse sono fatte di persone, pertanto sfruttare a tuo vantaggio anche nel rapporto tra aziende (solo apparentemente più freddo rispetto a quello tra impresa e consumatore) l’approccio umano del personal branding può risultare per te assolutamente vincente.

Ciò stante ci sono delle differenze tra fare personal branding nei due ambiti, sia in termini strategici che strumentali. Questo perché l’approccio da applicare dipende dalle differenti customer journey (processi d’acquisto del cliente) nell’acquisto di prodotti o servizi rispettivamente in ambito B2C e B2B.

Ad esempio, acquistare un nuovo PC per l’ufficio non è la stessa cosa che acquistarlo per un uso domestico. Ne consegue che approccio e strategia (in tal caso con la vendita come obiettivo) applicate dal personal brand del negozio di informatica in questione non può essere unica ma deve differenziarsi a seconda dei due casi.

Segmentazioni differenti

Com’è noto prima di avviare una qualsiasi campagna, o semplicemente nella definizione del proprio target di riferimento, è necessario effettuare una segmentazione dei potenziali clienti. D’altronde è la prima regola del marketing: non ci si può rivolgere a tutti, ma mirare nel modo più preciso possibile.

Ebbene, a parità di budget comunicare con i clienti finali (B2C) anziché con le aziende (B2B) richiede uno sforzo molto maggiore: il motivo è che mentre le aziende sono segmentabili in base a pochi parametri (categoria di appartenenza, ruolo e dimensioni aziendali), i consumatori privati, oltre ad essere numericamente superiori, dipendono da numerosissimi fattori, come età, genere, livello di istruzione, località, guadagno, ecc…

Pertanto l’analisi della buyer persona, ovvero il tipico cliente ideale, risulta di solito molto più semplice da fare in ambito B2B rispetto che in B2C.

Ricorda però che i “decision maker” aziendali (per intenderci, chi normalmente acquista un prodotto o un servizio per conto di un’azienda) se da un lato sono segmentabili più facilmente, dall’altro sono convincibili in base a dinamiche simili al B2C. Per intenderci nella fase successiva, ovvero una volta instaurata una connessione tra il tuo personal brand ed un responsabile acquisti, anche i fattori tipici del mondo consumer influiranno.

Percezioni differenti

Un’altra netta differenza tra personal branding in ambito B2C e B2C è come il tuo brand viene percepito dal tuo target.

I consumatori finali ed i decisori aziendali, nella fase d’acquisto, sono infatti mossi da desideri diversi, ne consegue che la comunicazione del tuo brand deve esservi in linea.

Per inciso tendenzialmente i consumatori praticano un’esperienza d’acquisto più emozionale, lasciandosi convincere più dallo “status” che un determinato prodotto/servizio, e quindi brand, suscita nella loro mente.

Le aziende invece tendono a percepire il tuo personal brand più in termini di soluzione ad un’esigenza o ad un problema. Anche in questo caso, oggi più che ieri, i decisori aziendali tendono comunque a farsi coinvolgere meno pragmaticamente, ciò a conferma del fatto già accennato che le aziende stesse sono fatte di persone, e quindi anch’esse possono subire dinamiche d’acquisto non necessariamente razionali.

Influenze differenti

Ecco un’altra interessante differenza tra fare personal branding per un audience di consumatori finali e di aziende: il modo in cui questi si fanno influenzare.

Fermo restando che stiamo parlando sempre di persone, e che quindi anche in ambito B2B l’effetto B2C può essere evidente, è una verità suffragata che i titolari di azienda si facciano influenzare molto da omologhi di successo o da professionisti dall’indubbia autorevolezza: i cosiddetti “esperti” in ambito business.

In questo contesto e in particolare, chi si fa portavoce di casi studio in cui vengono presentate soluzioni a problemi, viene visto come “influencer” di cui fidarsi nelle scelte d’acquisto, pertanto il tuo personal brand, se rivolto a questo pubblico, dovrebbe tenerne conto.

Se invece il tuo è un personal brand di tipo B2C, ricorda che i consumatori finali sono influenzati molto dagli amici, dai parenti, dai conoscenti e dai VIP, piuttosto che dagli esperti. Anche in questo caso la strategia di comunicazione del tuo brand dovrebbe tenerne conto.

Tempi (e strumenti) differenti

Anche in conseguenza delle differenze già elencate, comunicare in ambito B2C piuttosto che in B2B può rendere preferibile, se non necessario, l’utilizzo di determinati strumenti online piuttosto che altri.

Al modo tendenzialmente diverso di segmentare il tuo target, di far percepire i valori del tuo personal brand e di cogliere opportunità che possano influenzare il tuo pubblico per gli effetti della “riprova sociale” (a proposito, qui un’interessante serie di post su Cialdini e le sue note regole sulla persuasione), si aggiunge anche il timing diverso nella customer journey dei clienti.

Cosa intendo?

Che in ambito business l’acquisto è più ragionato, con un autentico percorso d’acquisto spesso lungo e complesso. In ambito customer invece più veloce, basato sull’istinto o sull’offerta.

Ecco quindi che gli strumenti si legano alle diverse strategie.

Sfruttare la SEO (e quindi tu personal brand B2B devi farne tesoro) è attività maggiormente indicata in ambito business: se l’utente aziendale cerca su Google una soluzione, è proprio lì, per determinare parole chiave di ricerca che ti riguardano, che dovrai farti trovare!

Così come, sempre in ambito business, dovrai sfruttare Linkedin, il social network professionale.

Linkedin ha il suo perché in ambito B2B: possiede di suo tutti gli ingredienti per consentirti di segmentare, dare soluzioni a problemi e farti percepire come un influencer nel tuo campo molto meglio di quanto faccia Facebook (anche se i gruppi del social blu non sono affatto male anche in ottica B2B).

Facebook ed Instagram, di contro, sono le piattaforme da usare soprattutto in ambito B2C, per generare connessioni influenzate più sulle conoscenze personali e su discussioni non troppo impegnative.

Conclusione

Solo una breve, ultima riflessione: B2C e B2B sono due mondi diversi, ma che si intersecano profondamente.

Se ci pensi bene, esattamente come il tuo personal brand. Il meraviglioso compromesso tra il tuo essere “umano” ed il tuo essere “venditore”.


Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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