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Sembrerebbe un controsenso, ma nel mercato globale una delle strategie più fruttuose, e molto in voga anche tra i marchi più blasonati, è quella del personal branding. Wikipedia ne da una definizione molto lucida:
Pensiamo ad esempio alle grandi aziende, come Rovagnati ed i suoi tortellini, o alle griffe dell’alta moda, come Giorgio Armani e Valentino, che hanno saputo far leva sulla forza comunicativa individuale per elevarsi a leader del loro mercato. La grande azienda che punta tutto su un volto, su una personalità, su un capo che sappia rappresentare con forza la propria identità, elevandone l’impatto.
Chiaramente non basta questo per affermarsi nel mercato, ma è una forte base. Perché? Il motivo è psicologico: per il pubblico, ovvero i potenziali clienti di un’azienda, è molto più facile, diretto, sano, naturale ed “onesto” rapportarsi con una persona rispetto che con un’azienda dal nome di fantasia.
La sensazione è quella di potersi fidare più facilmente, e la fiducia tra fornitore e cliente, oggi è tutto.
La fiducia è quel valore che consente ad un’azienda di mantenere i propri clienti, perché ne alimenta nel tempo la soddisfazione, e di accrescerne la quantità e la qualità grazie al passaparola digitale e non.
Il grande errore di molte piccole aziende
Nel corso della mia esperienza da consulente al servizio delle imprese piccole e medie italiane, ho visto che un grave errore commesso è quello di pensare che “pompare” l’immagine della propria azienda sia la chiave del proprio successo, o che quantomeno sia un buon passo da compiere all’inizio di un’avventura d’impresa.
Nulla di più sbagliato.
Ho visto, e continuo a vedere, una quantità innumerevole di partite iva (parliamo di autonomi magari con regime fiscale agevolato, o anche di snc o srl da 1 euro di capitale) con ragioni sociali altisonanti del tipo MegaAzienda Italia o simili. Anche io, quasi 20 anni fa, quando iniziai ed il quadro del personal branding era poco chiaro, pensai che “pompare” fosse giusto.
Ed invece oggi i fatti, alla luce anche del massiccio uso della comunicazione social, dicono proprio il contrario. Ecco quindi l’importanza del personal branding come primo passo da fare. Perché corretto e chiaro. Ci siamo velocemente spostati da un mercato dove erano le aziende ad imporre le regole, ad uno diametralmente opposto in cui sono i clienti a farlo, perché sono più informati e possono conoscere e comparare, e quindi scegliere.
I clienti sanno capire l’etica, la spontaneità e la “verità” di un messaggio pubblicitario meglio di quanto noi crediamo, sanno comprendere la lucidità e sincerità con cui un’azienda si manifesta. E allora perché mentire loro, fingendo di essere ciò che non si è (ancora)?
Farsi “sgamare” è un errore a cui porre rimedio è arduo, se non impossibile. Per questo ritengo che essere se stessi sia la chiave nel lavoro quanto nella vita privata.
Conclusioni
Sei in procinto di avviare un’attività o l’hai appena avviata? O la tua azienda richiede una bella “riavviata”?
Se fossi in te valuterei di comprendere bene, prima ancora di muovere un dito, il valore del personal branding valutando di adottarne l’approccio. Prima ancora di pensare al “naming” (ovvero, al nome da dare alla tua impresa) e ad una strategia, devi comprendere pienamente chi sei e cosa vuoi.
Può esserti di aiuto la regola delle 5 w, alla base di una qualsiasi realizzazione o processo (anche di marketing):
- Who? (“Chi?”)
- What? (“Cosa?”)
- When? (“Quando?”)
- Where? (“Dove?”)
- Why? (“Perché?”)
Se sei un neo-imprenditore, prima ancora di voler apparire come una multinazionale, prova come Marzullo a farti delle domande e a darti delle risposte.
Ma ricorda che oggi, ancora più di ieri, in linea con i principi del personal branding nel business bisogna metterci la faccia.