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È noto come internet ci abbia dato, se non il controllo sull’informazione, quanto meno la percezione netta di avercelo. Se prima potevamo informarci solo sui giornali e la tv, mezzi di comunicazione tipicamente monodirezionali e non interattivi, oggi possiamo farlo attingendo da fonti differenti e facendo sapere agli altri il nostro punto di vista indipendente: ci basta una ricerca su Google o un link sui social per slegarci dalle fonti ufficiali e… catapultarci in “verità parallele” che neanche la mente contorta di David Lynch potrebbe partorire!

Se la trasformazione che abbiamo subito vale per il modo in cui facciamo acquisti, visto che la “massa critica” prima di acquistare un prodotto vuole sapere tutto, a maggior ragione vale in generale per conoscenza e percezione del mondo, con effetti positivi e sotto gli occhi di tutti quali maggiore libertà e trasparenza. Ma anche con effetti collaterali sgradevoli: manipolazione, fake news, complottismi e guerre verbali innescate dai “leoni da tastiera”. Tutti elementi che spesso si legano tra loro, moltiplicandone l’effetto.

Un esempio? Quelli che diffondono l’idea che la Terra sia piatta. E che se ribatti, brutalmente ti rispondono che sei amico delle lobby del commercio di mappamondi! 😛

Battute a parte, la domanda da farsi oggi è:

C’è un modo veloce e pratico per non far investire il tuo Personal Brand dalle fake news e dal turbine di violenza verbale sui social che fa eco a tutto ciò?

Forse esiste.

Nel mio ambiente c’è una “regola non scritta” da rispettare che dice:

Argomenti come politica, calcio e religione vanno assolutamente evitati.

In effetti girando i social ed i blog i maggiori “influencer” che si occupano di business sembrano ignorare questi temi. Ma prima ancora di prendere questa regola per buona e di applicarla, mi sono chiesto il perché di questo “dogma” e alla fine mi sono risposto da solo:

Non parlarne è un modo semplice, pratico e veloce per “non schierarsi”, evitando SUL NASCERE qualsiasi potenziale polemica.

Per quel che mi riguarda, non ho mai seguito alla lettera questa “regola non scritta”, e tra la condivisione su un articolo del mio blog sulla strategia di web-marketing e quella sulla differenza tra i colori nella comunicazione, mi sono lasciato andare talvolta, specie in corrispondenza di eventi sportivi o elezioni, a commenti calcistici e politici senza nascondere le mie preferenze in entrambi gli ambiti. Di religione invece, visto che la spiritualità è qualcosa di davvero intimo, pubblicamente non parlo mai.

Il risultato che ho ottenuto è stato quello di avvicinare, o di contro allontanare, i miei amici/contatti/followers.

Ora su questo blog non dirò la squadra per cui tifo, né lo schieramento politico per cui voto, sempre che interessi a qualcuno (tra l’altro andrei Off Topic visto che qui si parla in maggior parte di business).

Ma se l’ho fatto sulla mia bacheca personale di Facebook (che comunque contribuisce al mio personal branding) è perché ho ritenuto di poter innescare un confronto civile che non allontanasse mai, anzi che in realtà unisse. In sostanza, pur avendo una squadra del cuore ed avendo scelto chi votare alle ultime elezioni, ho sempre deciso di rivelarlo per una questione di trasparenza e per confrontarmi evitando discorsi da stadio o da bar, anche e soprattutto quando si parla di politica.

Sono un ingenuo, lo so.

Ed infatti affrontare questi argomenti è sempre stata una strada in salita che spesso ha avuto l’effetto contrario di allontanare, anziché ottenere l’effetto voluto.

Il motivo è che, per quanto si argomenti in modo imparziale, si viene comunque etichettati come “tifosi di” o “votanti di”. E, ahimè, le etichette che la gente normalmente affibbia alle cose e alle persone sono difficili da staccare.

Andando a fondo alla questione… perché ciò accade?

Perchè la stragrande maggioranza del pubblico ha dei limiti (comunque superabili solo se volessero lavorarci su) che gli impediscono di aprire la mente posizionandola nella modalità di ascolto. Detto ciò, comprendo bene il “tagliare corto” degli addetti che preferiscono stroncare sul nascere qualsiasi polemica, in modo da avere sempre bacheche social pulite, positive, propositive, concentrate sul fare e mai fonte di problemi. Quindi trovo che evitare di parlare di questi 3 argomenti sia un logico stratagemma per evitare “rogne”.

Eppure dall’altro canto, parlarne, la reputo un’occasione per rivelarsi per quello che veramente si è, senza auto-censure (e censure) di alcun genere. Una bacheca social, o un blog, senza polemiche è un miraggio possibile, ma che rende la comunicazione, e quindi nella fattispecie il personal branding, FINTO, quindi contrario ai principi stessi del personal branding che, appunto, sono quelli di sincerità, trasparenza, etica e verità.

Un po’ come nel film Pleasantville, in cui viene descritta una società perfetta dove non esistono litigi e polemiche di alcun genere, ma che poi scopre che sono proprio i problemi (da superare) a rappresentare “i colori del mondo”.

Per questo ho scelto di non seguire rigidamente questa regola, anche se non biasimo affatto chi la rispetta ciecamente, anzi invidio chi riesce a farlo frenando le proprie pulsazioni come degli automi.

Conclusioni

Seguire la regola “del non parlare di” è in conclusione un’ottima e pratica strategia da seguire nel mantenimento del proprio personal branding sui canali ad esso dedicati.

Tuttavia trovo che sia innaturale non affrontare questi argomenti nei contesti più informali: in cui ad esempio si è a contatto con clienti, partner e collaboratori più vicini, e più in generale con gli amici e con le persone con cui si desidera allacciare un rapporto più vero e naturale, ed in cui anche il rischio di essere fraintesi è assai minore.

Anzi, affrontare questi argomenti, ma con rispetto e “giudizio”, evitando di forzare le argomentazioni con la pretesa di voler convincere a tutti i costi l’interlocutore, può essere un buon modo per costruire relazioni vere, anche nel contesto del proprio Personal Branding.

Certamente si tratterebbe di una grossa sfida anche di content marketing. Che, come detto, è rischiosa in quanto solo “con valore” si può trasformare in un “wow effect”. A maggior ragione che, come diceva Martin Luter King:

Per farsi dei nemici basta dire quel che si pensa.

Che tradotto nel linguaggio degli imprenditori, diventa: “non si può raggiungere il successo senza farsi neanche un nemico”.


Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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