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La recente ed incredibile storia della famosa opera di Bansky “Bambina con palloncino” che, appena acquistata all’asta di Sotheby’s per un milione e duecento mila euro, ha azionato un distruggi-documenti nascosto all’interno della sua grossa cornice che ha triturato l’opera stessa riducendola ad un mucchietto di coriandoli, è stata ripetutamente condivisa e commentata sui social. Da molti con stupore. E, in buona parte, anche con soddisfazione.

Nel gesto dell’ignoto autore inglese (che alcuni sospettano essere un componente della band dei Massive Attack) c’è infatti chi ha visto un messaggio di protesta contro il mercato delle opere d’arte. Ho notato non pochi “commenti di scherno” nei confronti dell’acquirente per aver “gettato al vento” una grossa somma di denaro per qualcosa che si è autodistrutta: un’opera d’arte che, a loro parere, non esiste più! In senso più ampio, molti hanno visto un’occasione per gridare il loro personale “fanculo al marketing” considerando l’ingegnoso meccanismo un’originalissima trovata di dissenso nei confronto del consumismo.

Ma cosa c’è dietro? E quali conseguenze?

In effetti Bansky, un po’ come tutti gli artisti della corrente della street art a cui fa parte, ha fatto della protesta sociale e politica il cavallo di battaglia della sua arte. Molte sue opere rappresentano carrelli della spesa, massaie, armi ed altri oggetti e soggetti riconducibili al consumismo. Eppure, malgrado il “popolo di internet” dica il contrario, non si è certi che “la prima opera d’arte della storia in grado di autodistruggersi” sia stata concepita con un vero intento politico.

Non sono un critico d’arte quindi rimando a Sgarbi e ai suoi colleghi più o meno sgarbati il compito di spiegare sul piano artistico la psicologia dell’artista e di dire, sempre sullo stesso piano, se il valore dell’opera a seguito della sua autodistruzione sarà diminuito o al contrario aumentato.

Tuttavia, occupandomi di comunicazione, voglio “azzardare” una previsione sugli effetti di questa particolarissima ed originalissima operazione, che a mio parere nulla ha a che fare con una protesta ma è una vera e propria operazione di Guerrilla Marketing.

A mio modesto avviso, e come ho potuto appurare è un punto di vista sostenuto da altri esperti, Bansky, che negli ambienti dell’arte è già molto conosciuto e considerato (diversamente non si spiegherebbe una quotazione così alta per quell’opera), da questa operazione guadagnerà ulteriore fama e popolarità. Se quindi anche il “valore intrinseco” dell’opera si sarà ridotto o persino annullato (all’inizio alcuni giornalisti hanno riferito che Sotheby’s stesse valutando se rimborsare il compratore) è certo che il prezzo di tutte le sue opere aumenterà. E pensare che c’è chi sostiene che lui si sia sempre battuto contro il mercato delle opere d’arte!

Nel caso in questione credo quindi che il compratore farebbe bene a non accettare eventuali rimborsi. Anzi, a dirla tutta, credo che potrebbe, se non l’ha già fatto, stappare una bottiglia di Dom Perignon.

Un’operazione di marketing riuscita

Perché ritengo che il prezzo dell’opera, e del valore generale delle opere di Bansky, certamente aumenterà?

Perché il valore di un’opera non è tanto il suo valore “intrinseco”, ma è in verità ciò che essa rappresenta: la sua storia!

Punzecchierò forse i puristi che credono che l’arte non debba mai essere pagata (e sono d’accordo per essere ammirata, ma non per essere posseduta), ma è uno stato di fatto che le opere d’arte siano un po’ come i prodotti commerciali. Ed in effetti, dal momento che sono acquistabili e vendibili, lo sono, pertanto subiscono le stesse, identiche dinamiche previste nel marketing ed in comunicazione.

Ora farò il professore e ricorderò da cosa dipende il prezzo di un prodotto:

Oltre che dal costo di produzione, dal VALORE che il suo “acquirente tipo” gli attribuisce, che è a sua volta legato alla sua storia!

Ecco perché una borsa ad esempio di Gucci costa tanto: non solo per i costi legati alla qualità del prodotto, ma perché Gucci, prima di diventare Gucci, ha dovuto lavorare moltissimo costruendosi un nome. La storia di Gucci, appunto!

Inoltre ricorderò anche che il prezzo di un prodotto dipende anche dalla sua UNICITA’:

Certe opere d’arte normalmente costano tanto perché sono “pezzi unici”. Di questo ne abbiamo prova, guarda caso, anche nei prodotti che troviamo nei negozi. La scarsità di un bene a parità di domanda ne fa schizzare il prezzo in alto. Infatti il prezzo di metalli e pietre preziose, notoriamente poco disponibili sul nostro pianeta, ne è la dimostrazione più palese.

Pertanto questa particolare storia sul piano mediatico non farà che elevare al cielo il valore dell’opera stessa: si è guadagnata il titolo di “prima opera ad essersi autodistrutta”, e scusate, in termini di unicità, se è poco!

Quindi se nel momento in cui scrivo è dubbio il vantaggio che potrà trarre dai resti dell’opera, è certo che il proprietario trarrà grande vantaggio dai diritti di immagine ad essa legati: chi vorrà raccontare questa storia in un film, in un romanzo, in un documentario, o anche solo intervistarlo, dovrà pagarlo. E profumatamente.

La morale… della storia?

La strategia di guerrilla marketing realizzata da Bansky (e chissà… anche della casa d’aste che potrebbe esserne complice) può insegnare tre concetti solo apparentemente secondari, ma che possono fare la differenza nella tua vita e nel business:

  1. Anche se durante il tuo percorso di vita e professionale commetti ti senti affranto, il tuo valore, in quanto essere “unico al mondo” (anche tu sei un’opera d’arte, perché sei fatto di unicità e storia), non diminuirà. E questo perché ciò che sei e sei stato fino a quel momento, non scompare, perché il tuo valore è ciò che traspare di te, non ciò che appare solo ai tuoi occhi. Non sei ancora convinto? Pensa ad una banconota da 100€: anche se la accartocci su se stessa il suo valore rimarrà lo stesso di banconota perfettamente integra.
  2. Un ottimo modo per fare marketing, e quindi accrescere il valore percepito di qualcosa, è proprio il “non fare marketing” (ne parlo anche qui). In verità il marketing è qualcosa che va “oltre” l’economia, sconfinando in altre discipline come la sociologia e la psicologia: non a caso condiziona la vita di tutti noi. Ciò avviene perché il marketing è fatto di percezioni, e la percezione che ha un potenziale cliente rispetto ad un prodotto funziona esattamente come la percezione che una persona ha di un’altra persona. Il marketing, diversamente da ciò che molti pensano, non riguarda tanto i soldi, quanto la fiducia e la credibilità. Non a caso il “guerrilla marketing” è proprio una forma di marketing più raffinata rispetto a quello più convenzionale, al punto da non sembrarlo affatto. Eppure lo è, eccome!
  3. Purtroppo la percezione che hanno molte persone del marketing è tendenzialmente negativa. Eppure queste masse si compiacciono se qualcuno fa qualcosa per dissacrare il marketing (mettendoci dentro anche il consumismo stesso) senza rendersi conto che l’atto stesso di dissacrare il marketing è efficace solo facendo marketing. Solo il marketing può uccidere il marketing. Rendendolo un mezzo ancora più potente.

Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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