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Qualsiasi mezzo di comunicazione ha sempre un lato buono ed un lato cattivo. Prendiamo ad esempio la TV:  c’è chi in passato l’ha etichettata come “l’arma di persuasione di massa”, un mezzo “pericoloso” in grado di forgiare la mente di miliardi di persone con la sua propaganda sociale, politica e commerciale.

Un’etichetta che gli è stata affibbiata però senza fare i conti con l’altro lato della medaglia, cioè quella che descrive la TV invece come “un mezzo di educazione straordinario”, capace ad esempio sin dalla nascita della RAI di contribuire alla riduzione dell’analfabetismo, o di farci “vedere” il mondo ed aprire a nuove realtà. E soprattutto in grado di insegnare (basti pensare all’infinita serie di documentari molto istruttivi, da quelli di Piero Angela a quelli della National Geographic, che hanno forgiato negli anni tantissimi futuri laureati).

Il dualismo dei mezzi di comunicazione possiamo estenderlo anche ad internet, da molti definito come l’erede e sostituto naturale della TV (che ne è soprattutto un’integrazione). Il lato buono di internet è fatto di opportunità, dialogo, lavoro a distanza, scambio culturale ed interattività. Quello cattivo di alienazione dalla vita reale, campagne d’odio, fake news, cyberbullismo, crisi della vecchia economia e via dicendo.

Anche il marketing non è immune da tutto ciò. Esiste infatti il marketing buono ed il marketing cattivo. D’altronde il marketing, proprio come la tv, internet, i media, la pubblicità, ecc…, non è altro che uno strumento. Per fare un paragone è come un’arma bianca, ad esempio un coltello da cucina: strumento buono se usato per affettare il pane, meno buono se usato per ferire o uccidere.

Occorre capire che non si può etichettare il marketing come qualcosa di soltanto negativo. Se non se ne conosce anche il lato positivo, e viceversa non si può pensare che il marketing sia la panacea di tutti i mali, non è affatto uno strumento negativo! È la mia in risposta a chi ha percepito e rivelato, e non parlo affatto di poche persone, un’idea “estrema” del marketing.

Il problema, infatti, non è lo strumento, ma sempre l’uso che se ne fa.

Il marketing, come ho più volte scritto in questo blog e voglio ribadire, non è che un insieme di tecniche e strategie a disposizione delle aziende per aumentare le vendite. Come tale, il punto centrale della differenza tra marketing buono e cattivo è quindi COME vendere.

Il senso del marketing non è che l’etica su cui si fonda.

Il Marketing Cattivo

Il marketing cattivo deriva dall’esistenza di alcuni sistemi di vendita, branche del marketing, che pur essendo in sé assolutamente etici, come ad esempio il Multi Level Marketing (Marketing Multi Livello), o il Network Marketing (una variante adattata al web), tuttavia si prestano perfettamente ad essere utilizzati per scopi poco etici o addirittura illegali.

Il Marketing Multi Livello non è che un sistema di attribuzione delle provvigioni non solo ai venditori diretti che hanno effettuato la vendita, ma anche a soggetti “sponsor”, cioè a persone che avevano in precedenza inserito quel venditore nel sistema.

Il problema etico nasce nel momento in cui il marketing viene usato per guadagnare dall’ingresso di nuovi iscritti, e non dalla vendita di prodotti. Questo genere di business ha un’etica inesistente o quasi, perché di solito ne beneficia solo chi si trova in cima alla piramide, mentre gli altri sgobbano ricavandone poco o niente. Di solito in questi sistemi il prodotto, o servizio, da vendere non esiste: è un “finto prodotto”, cioè qualcosa di effimero e senza valore o senza reale utilità (ad esempio uno spazio pubblicitario che non funziona oppure un prodotto dal prezzo pompatissimo nonostante la dubbia qualità).

Questo sistema di vendita, specialmente quando il prodotto è un investimento, tende a diventare qualcosa di ancora più pericoloso ed illegale. Nei casi più estremi si parla di schema ponzi.

La storia di Ponzi

“Schema ponzi” è un’espressione nata dal nome di un truffatore italiano, di nome Charles Ponzi, che intorno al 1920 perpetuò una lunga serie di truffe negli Stati Uniti. In pratica, partendo da soli due dollari di capitale, iniziò a prestare denaro promettendo interessi altissimi che avrebbe elargito dopo un certo tempo, riuscendo a raccogliere dopo qualche anno la bellezza di 15 milioni. I primi a cadere nella trappola, vedendo che inizialmente Ponzi rispettava l’impegno (restituendo di fatto la cifra investita oltre agli interessi), allettati da un guadagno facile ripetevano l’operazione investendo cifre sempre più alte.

Dove prendeva i soldi Ponzi per pagare gli interessi?

Semplicemente riutilizzava i soldi presenti nel sistema, fondi da lui custoditi e continuamente rimpinguati da un numero sempre maggiore di nuovi investitori adescati dagli stessi investitori grazie all’effetto virale del passa parola. In sostanza i soldi, all’inizio, “giravano”, e la cosa continuava per un po’, consentendo a Ponzi di accrescere la propria credibilità. Poi, improvvisamente, Ponzi spariva, tenendo per sé tutti i soldi.

La cosa positiva di questa storia è che Ponzi alla fine fu arrestato, quella negativa è che gli schemi ponzi non sono affatto spariti, anzi ce ne sono stati di casi eclatanti anche nel mondo dell’alta finanza (Bernard Madoff ti dice qualcosa?).

Ma soprattutto i “Ponzi Scheme” hanno preso forza e vigore grazie al web marketing: esistono una miriade di siti, in prevalenza stranieri, ma anche italianissimi, che sono schemi ponzi a tutti gli effetti. Oltretutto sfruttano la facilità con cui è possibile venire in contatto con potenziali investitori: l’effetto virale del web fa il resto, dando corso, anche in questi casi, a truffe mastodontiche.

Come difendersi?

È incredibile quanta gente caschi, oggi giorno, ancora in queste truffe. Basterebbe semplicemente conoscere la storia di Ponzi per imparare a starne alla larga. Magari condivi questo articolo per questo, fai un piacere ai tuoi amici…

Oltre alla conoscenza di certe dinamiche del marketing, o meglio dell’uso che certi individui ne fanno, un’ottima fonte, a mio avviso molto autorevole, per capire se un sito è una truffa o no è il canale Youtube di Ethan Vanderbuilt, un vero e proprio “scam-hunter”, cioè cacciatore di truffe.

Numerosi siti ed aziende, tra cui anche la conosciutissima Herbalife, sono state definite da Ethan come “scam”, cioè truffe. Herbalife ha in effetti un sistema di vendita di tipo multi livello in cui le commissioni vengono distribuite in una “rete piramidale” partendo dalla vendita di “kit per venditori” e di prodotti di vario genere, ma con prezzi altissimi, molto più alti rispetto alle medie di mercato per quella tipologia di prodotti.

Nel caso di Herbalife la domanda da farsi è: il prezzo così alto è giustificato da una maggiore qualità dei prodotti, o è invece un’escamotage che regge in piedi un enorme sistema in cui sono in pochi a guadagnare mentre la stragrande maggioranza perde solo tempo e soldi rincorrendo il vano sogno di diventare ricchi?

A mio parere Herbalife, visto che un catalogo prodotti (che “fuffa” non è) ce l’ha, non è propriamente una truffa. Tuttavia non si può neanche dire, visti i dati dichiarati da Ethan in questo video, e malgrado l’azienda abbia convinto Cristiano Ronaldo a fare da testimonial (sarà perché è stato pagato profumatamente?), che il loro marketing sia proprio regolarissimo. Io, in ogni caso, non ti consiglio ne di acquistare i loro prodotti, ne di aderire al loro programma venditori!

Ricapitolando…

Il Marketing Cattivo è fatto di sistemi automatici di cui se ne fa abuso per scopi illeciti, cioè fregare la gente. Ma che il problema non è il marketing in se, ma la gente che lo sfrutta, è provato dal fatto che se l’effetto virale a cascata fosse usato per scopi benefici, ad esempio per beneficenza, di certo si parlerebbe di Marketing Buono.

Il Marketing Cattivo, nella fattispecie, fa leva sulla credulità della gente, sulla sua ignoranza e, spiace dirlo, anche sulla sua ingordigia. Chi casca nel marketing cattivo è di solito chi crede (o meglio, se ne auto-convince perché gli fa comodo, e può giustificare il fatto che non ha alcuna voglia di lavorare) che per “fare soldi su internet” basti poco: ad esempio un investimento minimo di appena 1000 euro che gli frutterà, secondo loro (poveri illusi!), una fantastica rendita mensile a vita.

Il Marketing Buono

Sarò breve. Tutto il marketing è buono se viene usato per vendere in modo rispettoso.

La vendita è di suo qualcosa che difficilmente viene recepita come atto nobile, lo so. Ma occorre non dimenticare che la vendita non è altro che uno scambio tra beni, o servizi, e moneta. E un bene o un servizio, se richiesto, cioè se soddisfa un reale bisogno, necessità o desiderio, non può che essere una risposta ad una domanda, ovvero una soluzione ad un problema.

Il marketing buono, fondamentalmente, non finge di risolvere problemi. Li risolve davvero.

In conclusione

La logica del marketer è, lo ripeto e non lo nego, quella di vendere il più possibile, di fare cassa, di fare utili, su questo non c’è dubbio.

Ma se il marketer fa il suo lavoro anche con il costante obiettivo di rendere la vita più semplice alla gente, anche a costo di lavorare sodo, con fatica e a lungo, direi che del fare marketing (quello buono) non si possa che andarne fiero. E, dal lato del consumatore, di potersene fidare ciecamente.

(Foto: Pixabay)

Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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