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Ci fu un tempo in cui il marketing e la comunicazione iniziarono a farsi strada nella società: mi riferisco al secolo scorso, a partire soprattutto dagli anni ’50, periodo in cui dagli USA iniziarono a diffondersi concetti e strumenti come pubblicità, promozione, marketing e comunicazione. In Italia fu però soprattutto dagli anni ’60 che queste “novità” presero piede tra i cittadini, che iniziarono ad essere definiti “consumatori”, sulla spinta dell’economia nostrana che sfruttò i mezzi di comunicazione, in particolare la TV, per reclamizzare i prodotti.

Va detto che la cosiddetta “anima del commercio”, la pubblicità, fu così che iniziò a farsi conoscere e valere, mostrando a tutti il suo potenziale. Ma va anche detto che, nonostante molte aziende la sfruttarono pienamente come mezzo di espansione, molte altre aziende continuarono a pensare che la pubblicità fosse solo un optional, in pratica uno strumento non essenziale.

Specialmente nelle fasce dal livello culturale medio/basso persistette la credenza che fosse sufficiente lavorare sodo e produrre bene per vendere, e che bastasse il passaparola a fare il resto, cioè a trovare nuovi clienti. Insomma l’idea che la promozione, all’interno di un’azienda di qualsiasi dimensione, fosse non essenziale, fu dura a morire e rimase intatta fino praticamente al nuovo secolo e millennio, gli anni del boom di internet.

A dire il vero, ancora oggi, sento dire a certi “imprenditori”, e le virgolette sono d’obbligo in tal caso, che non serve loro affatto reclamizzarsi, poiché (parole testuali) “sono già avviati”, lasciando intendere che hanno già dei clienti abituali in numero sufficiente per sostenere l’attività. Ovviamente non posso che dissentire da questa idea, in quanto a mio parere un’azienda che non ha alcun interesse a fare una corretta comunicazione, a promuoversi in alcun modo né sui media tradizionali, né tanto meno online, non ha futuro, ma solo un presente ancora solido soltanto perché basato su un buon ciclo produttivo.

Ma, perdurando questo approccio antiquato, ancora per poco. Infatti penso che l’azienda che “si accontenta” pone davvero le basi per il suo fallimento. Mi riferisco in particolare alle piccole attività locali, come negozi e piccoli studi, di cui una grande fetta non fa affatto comunicazione o la fa in modo antiquato ed errato. Per non parlare di quelle che non sfruttano per niente internet. Queste aziende sono tutte destinate al fallimento, e ti spiego perché:

Ogni giorno perdono clienti (ma neanche se ne accorgono)

Esistono piccole aziende che purtroppo non misurano. Intendo dire che se facessero un semplice grafico dei fatturati degli ultimi anni (anzi ancora meglio degli utili d’esercizio) si accorgerebbero che la linea risultante andrebbe a calare. Probabilmente nel caso di aziende che hanno un buon ciclo produttivo e che ancora riescono a vivere dignitosamente, la questione passerebbe in secondo piano, ma come già detto “accontentarsi” o peggio ancora non avere neanche idea di come sta andando realmente la propria attività (affidandosi quindi solo alle sensazioni) è un qualcosa di reale in piccole realtà, semplicemente perché non monitorano. Certo, se invece pianificassero insieme ad un consulente una strategia di marketing, magari che includa una o più campagne pubblicitarie, potrebbero farsi seguire per monitorarla e rendersi effettivamente conto della situazione. Il punto centrale è che la mancanza di obiettivi equivale a non fare corretta imprenditoria, ma solo a “tirare a campare”. Ed il tirare a campare, nel business, equivale a morire, prima o poi. Perché una leggera emorragia diventerà un fiume in piena, se non si interviene in tempo.

Non sfruttano i feedback (anche quelli negativi)

I social network, ma in generale siti come Google Business, oltre a mostrare indirizzi e contatti, raccolgono recensioni e valutazioni delle attività. Ignorare l’importanza di queste piattaforme è un errore gravissimo, poiché ormai oggi chiunque prima di scegliere un prodotto o un’azienda consulta le recensioni. Senza contare che quelli positivi possono generarne un indotto non indifferente di nuovi clienti (a condizione che però, appunto, si sappiano anche mettere in luce, ad esempio comunicandoli su un buon sito web), il vero problema è che ignorano che consultare i feedback negativi è fondamentale per auto-correggersi. Personalmente in giro leggo recensioni negative totalmente ignorate dalle imprese interessate (ovvero a cui non rispondono), e la cosa è davvero incredibile: esistono davvero tantissime aziende che non hanno idea delle opportunità di crescita che si stanno perdendo ignorando le opportunità della rete. Molte credono ancora che avere una pagina Facebook aggiornata sia un extra inutile, e che quindi se ne possa fare a meno, oppure che basti affidarla, nel caso più emblematico, al classico “cugino” smanettone che però in realtà, in assenza di una strategia e di opportune competenze, non ha la minima possibilità di farla “fruttare”.

Non investono (e non solo in pubblicità)

Quando si parla di investire, la credenza popolare è quella per cui investire equivalga a spendere e basta. Non si comprende, cioè, il fatto che investire è un concetto completamente diverso da acquistare un bene o un servizio. Quando chiedo ad un’azienda, di quelle che non credono ancora all’espansione e all’enorme potere che oggi hanno marketing e comunicazione, di indicarmi un budget di investimento, mi guardano storto. E questo perché normalmente credono che si pretenda di svelare le carte, come se investire fosse come giocare a poker con il consulente. In effetti investire non è qualcosa di certo, cioè se si spende x non è affatto garantito che dopo un certo tempo se ne ottenga un valore y con y>x. Ma non è neanche un salto nel buio, voglio dire che se mi dici già in principio quanto vuoi investire per i primi 6 mesi (almeno), e meglio ancora per i primi 12 mesi di “rilancio” aziendale, riesco a capire se sei serio o se vuoi solo giocare. Insomma mi faciliti il lavoro da fare, ed evitiamo anche di perdere tempo, sia io che te, nel caso il tuo budget fosse totalmente inadeguato.

Conclusioni

In sostanza, oggi, strumenti e concetti come marketing e comunicazione non sono più optional, ma sono alla base di tutto. Il marketing, in particolare, non è più da intendere come un modo per vendere e basta, ma è molto di più: un sistema, che dal mio punto di vista deve essere soprattutto etico, per farsi apprezzare generando fiducia (e la vendita è la diretta conseguenza).

Puoi essere un ottimo negoziante, un fantastico chef, un magnifico albergatore, o uno straordinario consulente, ma se non sei in grado di comprendere pienamente l’importanza del marketing e della comunicazione della tua azienda, e se ritieni che spendere dei soldi per lanciare o rilanciare un’attività sia un po’ come spenderli per una vacanza o per un’auto, e quindi con l’approccio di chi magari fa di tutto per “risparmiare”, allora è forse meglio che cambi mestiere, puntando al posto fisso (esatto, il classico miraggio che non esiste più!) anziché alla libera professione.

Il classico esempio chiarificatore è sempre il solito: nella vita puoi essere un fenomeno come Maradona, ma se non ti sai vendere, standotene sempre seduto in panchina, sarai per sempre “il signor nessuno”.

(Foto: Pixabay)

Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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