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Lo ammetto. Per un po’ di tempo, per un paio d’anni e fino a qualche tempo fa, sono stato anche un grafico incallito immerso nel favoloso “business dei biglietti da visita”. Ne producevo e vendevo tanti, ogni giorno, manco fossero “baguette appena sfornate da una panetteria parigina”.

Ricordo che ogni giorno creavo decine di grafiche piene di nomi, titoli, indirizzi, numeri di telefono e soprattutto loghi. Era come una catena di montaggio in cui mi occupavo anche di girare le grafiche, mie o fornite dai clienti previo controllo, alle tipografie per stamparne volumi anche importanti. Come non ricordare chi ha optato anche per il maxi-formato da diecimila pezzi, con dimensioni poco più grandi degli otto centimetri per cinque e carta patinata lucida o opaca da 350 grammi. Tutto bello, anche se un po’ ripetitivo. Ma, che vuoi farci, faceva parte del mio modello di business di allora, un modello totalmente diverso dall’attuale, ma che va detto mi consentiva di portare a casa la pagnotta (e a ridaje con il pane!).

Ma va anche detto che erano anni in cui il mercato tipografico online “tirava”, cioè la richiesta di materiale promozionale cartaceo (quindi non solo biglietti da visita, ma anche pieghevoli, brochure, opuscoli, volantini, manifesti, locandine ecc…) rimaneva consistente.

Poi però il mercato della stampa tipografica iniziò a subire un forte cambiamento, dovuto soprattutto ad alcune aziende tipografiche, soprattutto tedesche, che investendo parecchio in strumentazioni avanzatissime e nella meccanizzazione più spinta, continuarono fortemente ad abbattere i costi di produzione e di conseguenza i prezzi al pubblico dei prodotti. Ma non per questo la domanda generale di stampe aumentò, anzi, in realtà si abbassò.

Questo perché le aziende iniziarono a preferire l’attività di portare traffico ai loro siti (con ad esempio il S.E.O. o le campagne ads su Google e Facebook) anziché a quella che prevede di stampare e distribuire volantini. Ciò nonostante gli utili delle maggiori tipografie online rimasero ancora altissimi e in crescita, ma più per l’abbattimento dei costi che per l’aumento delle vendite. In ogni caso tutto però lasciò presagire una lenta ma inesorabile morte dei prodotti di stampa.

E invece no: il biglietto da visita funziona ancora

Eppure, seppur è vero che oggi le aziende stampano più di rado e con quantitativi sempre minori, è anche vero che il “re” dei prodotti di stampa, il primo e più importante “supporto” che non dovrebbe mancare mai dalle tasche di ogni imprenditore, il biglietto da visita, vive ancora! Alcuni dicono che anche lui sia morto, o che presto morirà, ma io non sono affatto d’accordo.

In realtà il biglietto da visita rimane importante, e non è morto: semplicemente è cambiato “per colpa” di internet. In questo articolo, oltre a volergli dare il giusto riconoscimento, voglio spiegarti il perché.

Minore tiratura, maggiore qualità

Questo è un concetto valido non solo per i biglietti da visita, ma per tutti i prodotti di stampa. Un tempo si tendeva a consumare molti più prodotti di stampa. Ricordo soprattutto le cassette postali piene zeppe di volantini, al punto che da rappresentare anche un problema. Oggi l’azienda, anche locale, che sa come investire in pubblicità, preferisce puntare su Google Adwords o Facebook Ads focalizzandosi sul target di riferimento, anziché disperdere il messaggio con migliaia di volantini, a meno che il suo target non sia fatto da solo anziani (stando alle statistiche Audiweb di gennaio 2017, il 60% degli italiani over 55 non è su internet).

Anche il biglietto da visita ha subito in generale questo cambiamento. Se ne stampano di meno perché le occasioni per “scambiarselo” di presenza sono meno frequenti di un tempo.

E quindi ci si scambia i contatti via mail, via social, via Linkedin (il più importante social network dedicato al b2b), ecc… E quindi il biglietto da visita? È inutile? No: è sempre importante, ma non serve averne migliaia di copie, ne basta un buon blocchetto, ad esempio 250 o 500 pezzi, ma preferendo una stampa di qualità. È importante che sia bello, con un tipo di carta piacevole al tatto, con colori vivi, magari con una finitura speciale (ad esempio il logo a rilievo) o una plastificazione opaca solo sul fronte (la mia soluzione preferita: consente anche di sfruttare il retro per prendere un appunto, se occorre).

È fondamentale insomma che le caratteristiche del biglietto richiamino il valore di qualità. Oltretutto non avrebbe alcun senso stampare pochi biglietti e lesinare sulla qualità!

Darà sempre “luce” al primo contatto tra due persone

Se il termine “biglietto da visita” è diventato nel linguaggio comune un modo di dire per spiegare il concetto di “prima impressione”, un motivo ci sarà. Ecco perché è importante averlo ed usarlo. Ma allora cos’è cambiato rispetto al passato?

È cambiato il contenuto.

Se infatti prima dell’avvento di internet e dei social, non c’erano molti modi per scambiarsi i contatti (nome e cognome, numeri di telefono, indirizzi, dati fiscali, email, ecc…) spingendo quindi i grafici ad inserire tutti questi dati dentro ai biglietti da visita, oggi non è più necessario mettere tutto. In realtà sono poche le cose che andrebbero messe: una di queste, e la più importante, è il logo. Il biglietto da visita rappresenta l’azienda, e quindi bisogna spingerne il branding a cominciare proprio da un buon biglietto da visita.

Possiamo creare un sito mozzafiato suffragato da una strategia di marketing eccezionale, ma se il nostro biglietto da visita “fa schifo” rischiamo di rovinare tutto. Ci hai mai pensato?

Riguardo ai dati da inserire, non serve mettere tutto (hai mai sentito il detto “less is more”?), ma è sufficiente inserire il sito internet sia scritto che come QR Code. Se non lo sai, il “Quick Response Code” è una sorta di codice a barre, che in realtà non è fatto da barre bensì da una moltitudine di puntini bianchi e neri, che letto da un qualsiasi smartphone consente di aprire automaticamente un sito web (ad esempio quello aziendale), oppure di scaricare nella rubrica telefonica tutti i contatti sfruttando un file di tipo csv.

Bello no?

Non solo di carta

Quando pensiamo ad un biglietto da visita, dobbiamo pensarlo come un foglietto solo perché in questo modo è più facile trasportarlo. Ma in realtà potremmo/dovremmo sfruttarlo come mezzo avanzato per fare branding sin dal primo instante. In che modo? Esistono biglietti da visita non solo in carta, ma anche di plastica, di legno, di metallo, di plexiglass e di altri materiali anche “strani”.

Se vogliamo spingerci ancora di più, allora possiamo concepirlo come un gadget.

Perché quindi, ad esempio, non realizzare delle penne a sfera con il nostro sito stampato, ed usarle come biglietto da visita? Oppure dei porta chiavi, dei tappetini per mouse, dei cappellini ecc… Ripeto: in fondo in un biglietto da visita non è più essenziale veicolare tutti i nostri dati (che come detto sono oggi facilmente trovabili online), ma veicolare noi stessi. Il biglietto da visita proprio per questi motivi è e rimane al centro del nostro primo approccio con un potenziale cliente o fornitore.

Conclusioni

Non dobbiamo immaginare che sia solo il nostro biglietto da visita a fare la differenza, ma non possiamo neanche permetterci il lusso di trascurarlo. Se il tuo biglietto da visita non ti rappresenta al 100%, ti suggerisco vivamente di rifarlo (contattami e parliamone!).

Ricorda anche che non è solo importante il bigliettino in sé, ma anche, e soprattutto, il modo con cui lo porgiamo al nostro interlocutore. Spesso anche una bella stretta di mano ed uno sguardo che dimostri interesse possono fare la differenza: perché nulla è sufficiente, tutto è necessario. Sono certo che il biglietto da visita, di carta o fatto di qualsiasi materiale, avrà ancora molto da dire.

(Foto: Pexels)

Leo Cascio

Leo Cascio

Sono brand builder, creator, consulente, formatore e divulgatore di web marketing. Autore del libro "Personal Branding sui Social" (link Amazon).
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